Chiusure per lockdown e affitti: i contratti vanno rinegoziati

Con un'importante decisione, il Tribunale di Roma ha disposto la riduzione dei canoni di locazione dovuti dal gestore di un ristorante e la sospensione della fideiussione rilasciata in favore del locatore.

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L’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 ha creato pesanti effetti negativi per le numerose attività commerciali, e non solo, soprattutto per quello che riguarda i rapporti contrattuali.

Il riacutizzarsi della crisi economica generata dal lockdown e ora dalle nuove misure previste dal DPCM del 25 ottobre 2020, colpisce molti conduttori di immobili ad uso commerciale, oltre che quelli ad uso abitativo, che si trovano a non poter corrispondere i canoni di locazione.

In tema di rinegoziazione del canone di locazione

È possibile ottenere riduzioni del canone di locazione a causa della parziale inagibilità dell’immobile? La decisione di alcuni Tribunali, come quello di Roma, cercano di dare una risposta in questo senso e offrono un nuovo filone giurisprudenziale.

La rinegoziazione del contratto di locazione in merito al canone di affitto sarebbe valida in base al principio di buona fede (ex art. 1375 c.c.); questo perché l’epidemia da Covid-19 e le misure di contenimento hanno modificato l’equilibrio dei contratti di locazione e delle obbligazioni delle parti, indipendentemente dall’esistenza di clausole di negoziazione all’interno del contratto. 

Un imprenditore che ha dovuto chiudere la propria attività per effetto delle misure di contenimento dell’epidemia potrebbe avere diritto ad una riduzione del canone ai sensi dell’art. 1464 c.c. “Impossibilità Parziale”, poiché è possibile sostenere che la pandemia e i provvedimenti adottati per contenerla abbiano inciso sull’attività del locatore e l’utilità dell’immobile si considera ridotta.

Secondo la giurisprudenza rientrano nella sfera di applicabilità dell’art. 1464 c.c. tutti i casi in cui la prestazione sia divenuta parzialmente impossibile per causa non imputabile al locatore e perché è stata impedita la fruizione totale dell’immobile. 

 In base a queste considerazioni il conduttore si trova in una condizione di oggettiva mancanza della controprestazione del locatore e può vedersi riconosciuto il diritto ad una riduzione del canone, considerando la minor utilità derivante da un immobile locato di cui non può pienamente godere, come previsto dal contratto.

L’autoriduzione ristabilirebbe un equilibrio violato, in quanto la riduzione del canone deriva da una causa non imputabile al debitore.

I dettagli della sentenza del Tribunale di Roma

Affitto ridotto e fideiussione sospesa

Con la pronuncia del 27 agosto 2020 il Tribunale di Roma compie un’articolata disamina circa l’incidenza della pandemia sul nesso di reciprocità dei contratti di locazione e, quindi, sulle obbligazioni di ciascuna parte.

Il caso riguarda la conduttrice di alcuni immobili dove svolge attività di ristorazione. L’imprenditrice, con ricorso ex art. 700 cod. proc. civ., si è rivolta al Tribunale chiedendo, inaudita altera parte, la riduzione del 50% dei canoni dovuti dal mese di aprile 2020 e la non escutibilità della garanzia, ciò in quanto nel periodo di lockdown non ha potuto esercitare l’attività che è rimasta chiusa, mentre nei mesi successivi lo svolgimento della stessa ha comunque subito un ridimensionamento.

In assenza dei presupposti per emanare il decreto inaudita altera parte, la ricorrente chiedeva di ordinare la non escussione della fideiussione, la riduzione del 50% del canone di locazione da aprile 2020 a marzo 2021 o nella diversa misura di giustizia; in subordine la sospensione dei canoni da aprile 2020 a marzo 2021 nella misura del 50% con previsione di un piano di rientro di 48 rate a cadenza mensile a partire da aprile 2021 o come nella diversa misura ritenuta dal Giudicante.

Il Tribunale rileva come la chiusura forzata delle attività commerciali durante il lockdown deve qualificarsi come "sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale".

È indubbio che il contratto è stato stipulato per svolgere nei locali attività di ristorazione e anche in assenza di clausole di rinegoziazione, i contratti a lungo termine devono essere rispettati se sussistono le condizioni e i presupposti che hanno condotto alla loro stipula.

Diversamente, se si verifica una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico della convenzione, ossia il lockdown cagionato dalla pandemia, la parte che riceve uno svantaggio deve poter rinegoziare l'accordo "in base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto". 

Il Giudice condivide l'orientamento secondo cui "la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto, che sospingono lo squilibrio negoziale oltre l'alea normale del contratto". 

Secondo tale principio le circostanze suddette si verificano in particolare nei contratti di durata, come quello di locazione commerciale.

Nel caso trattato, deve trovare applicazione la clausola generale della buona fede e della solidarietà sancita dall'art. 2 della Costituzione, in base alla quale l’impossibilità di corrispondere il canone per intero deve qualificarsi come impossibilità temporanea parziale.

Il Giudice conclude disponendo la riduzione del canone di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20% per i mesi che vanno da giungo 2020 fino a marzo 2021, in considerazione del fatto che, anche dopo la riapertura, gli ingressi dei clienti sono contingentati per ragioni di sicurezza sanitaria. Viene inoltre sospesa la fideiussione.

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DATA PUBBLICAZIONE:
27 Ottobre 2020