Sovraindebitamento: più di 5 anni per pagare
Per i consumatori sopraffatti dai debiti c’è una buona notizia. Una recente sentenza della Cassazione conferma la possibilità di approvare piani di rientro superiori ai 5 anni.
Il caso coinvolge il giudice del Tribunale di Rovigo, che aveva ritenuto inammissibile il piano del consumatore proposto, perché il rientro del debito prevedeva un tempo di 12 anni e quindi in contrasto con il principio della ragionevole durata.
La sentenza è stata impugnata e la Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere sul reclamo, approvando il piano e confermando che si può pagare anche in più di 5 anni.
I temi rilevanti della sentenza
Il tema è importante ed è stato trattato in un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale, di cui abbiamo già parlato in questo articolo.
La recente sentenza della Cassazione, per chi non ha la possibilità di pagare i propri creditori, è una novità rilevante, che definisce i dettagli di una legge particolarmente utile e ancora poco conosciuta: la Legge 3/2012, una concreta soluzione ai problemi di debiti che affliggono molte persone e liberi professionisti.
Vediamo gli elementi essenziali della legge
Cos’è il Piano del consumatore
Si tratta di una procedura prevista dalla Legge 3/2012 e che si rivolge solo ai consumatori, persone fisiche.
Obiettivo è ottenere dal tribunale una riduzione del debito complessivo e un piano di rientro compatibile con le proprie possibilità.
È necessario che il consumatore dimostri di essere meritevole, cioè di non aver colpa o dolo per i debiti contratti e di essere in stato di “sovraindebitamento”, quindi di non riuscire a ripagare i creditori con le proprie risorse e di trovarsi in “una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni o la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”, come afferma la legge.
Con l’aiuto di un professionista viene predisposto un piano di pagamento e questo viene presentato direttamente al giudice, non ai creditori.
È quindi il giudice a decidere se omologare o meno il piano proposto. I creditori potranno poi opporsi.
L’omologazione o approvazione del piano del consumatore
Dopo che la proposta viene presentata dal consumatore, il giudice ha al massimo sei mesi di tempo per omologare il piano.
In questo periodo deve verificare i seguenti aspetti:
- che il piano sia sostenibile;
- che sia garantito il pagamento dei crediti impignorabili;
- che sia risolta ogni contestazione sul totale dei crediti;
- che il consumatore sia meritevole: non abbia voluto frodare i creditori e non abbia colposamente determinato il sovraindebitamento.
L’insostenibile durata delle procedure di sovraindebitamento
Come abbiamo già evidenziato, è ammissibile il piano del consumatore che preveda il pagamento dei creditori in più di cinque anni. La legge infatti non ha specificato tempi o limiti di durata delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Chi ha introdotto il limite dei cinque anni è stata la giurisprudenza, proprio per tutela dei creditori. Questo limite è stato dedotto dalla durata massima delle procedure concorsuali prevista dalla legge Pinto (n. 89/2001), che punisce l’irragionevole durata dei processi.
D’altra parte non è utile un’interpretazione troppo restrittiva della procedura, che è stata introdotta per adeguarsi alle normative europee e per porre un freno al ricorso ai prestiti usurari.
Dopo questa premessa, i giudici della Cassazione hanno ritenuto lecito il piano del consumatore della durata di 12 anni, nel caso analizzato. La Suprema Corte ha ribadito l’impossibilità di determinare aprioristicamente l’inammissibilità di accordi o piani del consumatore che prevedano un rientro o ristrutturazione del debito in un arco temporale superiore ai cinque anni.
Il tribunale non può vietare in automatico un piano superiore ai cinque anni.
A decidere devono essere quindi i creditori, che valutano la convenienza del piano proposto, ovvero, nel caso di piano del consumatore il Giudice per loro conto e nel loro interesse, salvo possibilità di opposizione per il creditore.
Nel formulare le proprie osservazioni la Corte richiama propria recente giurisprudenza (v. Cassazione 17834/2019) ricordando in primis che la legge sul sovraindebitamento non prevede al suo interno un limite massimo di durata, né nella versione attuale, né in quella contenuta nel nuovo Codice della Crisi di Impresa.
Dando atto che la giurisprudenza di merito ha voluto “colmare tale lacuna”, non è possibile introdurre impedimenti relativi alla durata dell’accordo, se l’alternativa proposta dal debitore sia più conveniente per i creditori - anche per un rientro ultraquinquennale.
La Corte afferma che, se i giudici di merito hanno ritenuto di voler dare peso alla tutela del creditore, rilevando in taluni casi come accordi pluriennali superiori ai 5 o 7 anni potessero essere in conflitto con gli interessi dei creditori, tuttavia ciò non può diventare principio generale.
In particolare si afferma che “È indubbio che prevedere un tempo di adempimento molto lungo (nella specie dodici anni) potrebbe incidere sulla procedura di liquidazione del patrimonio, cui i creditori perverrebbero a tale distanza di tempo, ed anche sullo scopo ultimo della procedura da sovraindebitamento, che è l’esdebitazione. Ma, per quanto ciò sia, le possibili perplessità dinanzi a piani di pagamento con orizzonte temporale rilevante non impongono la conseguenza di una illegittimità tout court di previsioni di pagamenti rateali ultrannuali. Esse non sono, cioè, decisive, perché il punto resta per intero suscettibile di esser compreso nella valutazione di convenienza, notoriamente riservata ai creditori, cui va data, in tal caso, la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore. Sono, difatti, i creditori a dover valutare se, in simili ipotesi, un piano del tipo di quello indicato dal L., implicante pagamenti dilazionati, sia, o meno, conveniente a fronte delle possibili alternative di soddisfacimento. L'adozione di un'interpretazione eccessivamente restrittiva dell'ammissione alle procedure in esame, ed in particolare al piano del consumatore, che consideri come elemento dirimente per negare l'omologa la durata ultraquinquennale dello stesso, rischia, dunque, di minare l'effettività dello strumento e mal si concilia con il processo in atto a livello Europeo di cambiamento della cultura giuridica a favore della logica del salvataggio e della seconda chance”.
RIF: Cassazione civile sez. I, 28/10/2019, (ud. 04/10/2019, dep. 28/10/2019), n.27544
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14 Novembre 2019