Atti in frode ai creditori: novità con la riforma del sovraindebitamento

Tra i requisiti di accesso alla procedura di liquidazione non è più necessaria la verifica di atti in frode ai creditori. Chiariamo i dettagli della novità introdotta dalla recente Legge di conversione del Decreto Ristori.

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La Legge di conversione del Decreto Ristori (n. 176 del 2020) ha introdotto alcune importanti modifiche alla Legge 3/2012, anticipando in parte quanto previsto dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che entrerà in vigore dal 1 settembre 2021.
Una delle novità introdotte è relativa agli atti in frode ai creditori.
Di cosa si tratta? Semplice, oggi l’assenza di “atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni” non viene più richiesta per accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio.
Ma vediamo cosa si intende per atto in frode e perché non è più necessario verificarne l’assenza per avviare la liquidazione.

Cos’è un atto in frode ai creditori?

In base a quanto previsto dal Codice Civile il debitore risponde con il proprio patrimonio, presente e futuro, per risarcire i creditori. Di conseguenza qualunque suo atto volto a sottrarre il patrimonio, a garanzia dei creditori, è un atto in frode.

Se ad esempio un debitore dona un immobile, cerca di vincolare i beni di proprietà o aliena denaro al fine di sottrarre ai creditori quanto dovuto, può essere accusato di “atto in frode ai creditori”.

In merito alla Legge 3/2012 è requisito obbligatorio verificare che non siano stati commessi atti in frode dal debitore, quindi non è possibile nemmeno presentare la domanda di apertura della pratica in presenza di frode.

L’aggiornamento introdotto dalla mini riforma del sovraindebitamento

Come abbiamo già evidenziato, con la Legge n.176 del dicembre 2020 (conseguente al Decreto Ristori) sono state anticipate alcune modifiche alla Legge 3/2012. Si tratta di una mini riforma del sovraindebitamento.

Tra le novità emerge l’introduzione della lettera d) ter all’art. 7 comma 2 della Legge 3/2012, che prevede espressamente l’inammissibilità della procedura quando il debitore «limitatamente al piano del consumatore, ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode». 

In altre parole, se il debitore fa richiesta del piano del consumatore o accordo di composizione, deve rispettare il requisito di verifica di assenza di atti in frode ai creditori e la proposta “non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore, risulta abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori”.

Se invece il debitore avvia istanza di liquidazione del patrimonio, il compimento di atti fraudolenti non sarebbe di ostacolo. Ricordiamo che l’art. 14 quinquies della Legge 3/2012 ancora oggi prevede la verifica della assenza di “atti in frode”. Nonostante questa palese incongruenza, si può ragionevolmente sostenere che l’art. 14 quinquies sia stato implicitamente abrogato dalla recente modifica introdotta dopo il Decreto Ristori.

La sentenza del Tribunale di Lecco conseguente alla mini riforma 2020

La nuova impostazione, in base a quanto indicato nel precedente paragrafo, trova conferma nel primo decreto di apertura della liquidazione che tratta la questione. E’ del Tribunale di Lecco ed è datato 16 gennaio 2021.

Il Giudice rileva che:
«l’assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, non costituisce più requisito di accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio, attesa l’abrogazione implicita dell’art. 14-quinquies, comma 1, della l. 3/2012 nella parte in cui prescriveva la verifica di tale presupposto». 

Viene quindi confermata l’interpretazione che abbiamo descritto, ma si pone l’accento sul fatto che le modifiche alla Legge 3/2012, hanno inciso anche sul ruolo del liquidatore. Oggi infatti l'articolo 14-decies comma 2 della Legge 3/2012 prevede che il liquidatore, autorizzato dal giudice, esercita (o eventualmente prosegue) le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile. 

L’atto in frode non è di ostacolo all’apertura della liquidazione

Nella richiesta di liquidazione non è più necessario verificare l’assenza di atti in frode ai creditori. Questo perché tale verifica è irrilevante, dal momento che il liquidatore ha facoltà di agire su “atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori”.

«La nuova disciplina legislativa introduce inequivocabilmente la legittimazione del liquidatore ad esercitare ex novo o a proseguire l’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. […]
Tale nuova facoltà del liquidatore ( in particolare la facoltà di proseguire l’azione revocatoria già iniziata prima dell’apertura del procedimento di liquidazione) presuppone implicitamente l’irrilevanza, ai fini dell’accesso alla procedura, degli “atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori”
».

Per concludere possiamo affermare che non è lecito agire in frode ai creditori; semplicemente, nella procedura di liquidazione, a differenza del piano del consumatore o accordo di composizione, il liquidatore nominato dal giudice ha potere di agire contro atti in frode e dunque non viene richiesta una verifica preventiva per procedere all’istanza.

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DATA PUBBLICAZIONE:
18 Febbraio 2021