Come risolvere i debiti della ditta individuale chiusa
L’unica soluzione al sovraindebitamento dell’impresa individuale è la Legge sul sovraindebitamento. A confermarlo sono due sentenze del Tribunale di Udine a favore di due titolari di ditte individuali che hanno così risolto i propri problemi di debiti.
Nel caso di ditta individuale è l’imprenditore, persona fisica, a rispondere anche con il proprio patrimonio personale in caso di debiti o difficoltà.
I debiti dell’impresa individuale o artigiana non possono essere cancellati con la chiusura della ditta, ma ricadono sulla persona fisica e conseguentemente sulla famiglia.
I creditori potranno rivalersi sui beni personali: casa, auto, terreni.
Ecco perché è necessario ricorrere alla legge sul sovraindebitamento, che propone una soluzione definitiva al problema dei debiti dell'imprenditore individuale.
Ripagare i debiti con una parte del reddito
Due sentenze a favore di due ex imprenditori individuali
E’ quanto accaduto al Tribunale di Udine, chiamato a decidere su due posizioni diverse, ma al contempo analoghe, che riguardano due debitori già titolari di ditta individuale.
In entrambi i casi, i debitori hanno dovuto chiudere l’impresa poiché la situazione debitoria era divenuta insostenibile e non poteva essere affrontata adeguatamente con le entrate dell’attività. Costoro sono stati così costretti a cedere l’azienda. Il prezzo della vendita è stato lasciato a beneficio della procedura di liquidazione del patrimonio per la soddisfazione dei creditori.
Oggi entrambi i debitori del caso analizzato hanno un lavoro dipendente. Il Tribunale ha così stabilito che la procedura potrà beneficiare anche della quota della retribuzione eccedente l’importo mensile lasciato nella loro disponibilità.
C’è però una precisazione in merito alla retribuzione. La normativa prevede infatti che la somma lasciata nella disponibilità del debitore non possa essere inferiore all’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà.
In una delle procedure, il debitore ha una retribuzione mensile inferiore ad € 500,00. In questo caso, il Giudice determina la quota dello stipendio che dev’essere lasciata nella sua disponibilità rapportandola all’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà.
Questa decisione è motivata dal fatto che la persona sovraindebitata non può soddisfare i creditori in misura tale da pregiudicare il c.d. minimo vitale, attualmente pari ad € 689,74 mensili.
Per tale ragione, solo quando il debitore percepirà uno stipendio più elevato, dovrà corrispondere a beneficio della procedura la quota eccedente il c.d. minimo vitale.
Questa decisione non è in contrasto con altre pronunce in base a cui, per il sostentamento del debitore, viene lasciata una quota maggiore della retribuzione.
In questo caso, il Giudice ha tenuto in considerazione il fatto che, attualmente, il soggetto sovraindebitato riesce comunque a fronteggiare le spese correnti, pur ricevendo una retribuzione inferiore al c.d. minimo vitale, e questo grazie allo stipendio del coniuge e l’aiuto dei familiari.
Si allegano i due decreti emessi dal Tribunale di Udine in data 14/10/2020.
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21 Ottobre 2020