Rinviato il Codice della Crisi d’Impresa: entrerà in vigore nel 2021
Il Decreto Liquidità del 9 aprile 2020 ha stabilito il rinvio integrale del Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza al 2021.
Il rinvio del nuovo Codice Crisi d’Impresa è stato motivato dalla necessità di superare l’attuale emergenza economica e sanitaria dovuta al Covid-19.
Questo permetterà alle imprese e alle tante persone sovraindebitate di fare riferimento ad una disciplina consolidata.
Rinvio al 1° settembre 2021
Il nuovo decreto legge “recante disposizioni urgenti per il sostegno alla liquidità delle imprese e all’esportazione”, proprio all’art. 6 stabilisce che il d.lgs. 14/2019 (noto come Codice della Crisi d’Impresa) entrerà in vigore il 1° settembre 2021 e non più il prossimo 15 agosto 2020.
Con il Decreto Cura Italia era già stata rinviata al 15 febbraio 2021 l’entrata in vigore delle misure di allerta previste dal nuovo Codice con l’obiettivo di far emergere anticipatmente i segnali di crisi delle imprese.
Come specificato nel d.l. n.9 del 2 marzo 2020, “l’obbligo di segnalazione di cui agli artt. 14, comma 2, e 15 del Codice della Crisi opera a decorrere dal 15 febbraio 2021”.
Tale rinvio era previsto d’altra parte anche nella bozza di decreto correttivo al Codice della Crisi, datato 13 febbraio 2020.
Grazie al recente Decreto Liquidità del 9 aprile, l’intero Codice verrà ora posticipato di un anno, quindi al 2021.
La grave crisi mondiale che colpirà il tessuto economico internazionale per i prossimi mesi, ha pregiudicato l’essenza stessa del nuovo impianto normativo, che ha proprio l’obiettivo di evidenziare con tempestività lo stato di crisi aziendale e tramite un sistema di segnalazioni, di intervenire prima che la situazione negativa si trasformi in insolvenza irreversibile e porti alla chiusura dell’impresa stessa.
I motivi del rinvio
1. Inefficacia dei sistemi di allerta
Il primo motivo che ha reso necessario il rinvio del Codice della Crisi è in relazione alla sua novità più rilevante, cioè il sistema delle "misure di allerta", volte a far emergere una possibile crisi.
Questo sistema richiede un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, non certo una situazione come quella attuale, in cui l'intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una grave crisi.
Gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, al contrario potrebbero causare effetti ancor più sfavorevoli.
Il fine del Codice è quello di salvaguardare la continuità aziendale, ma in un contesto così compromesso verrebbe meno la possibilità di discriminare tra imprese solide e capaci di proseguire l’attività e imprese che necessitano di un piano di ristrutturazione.
2. Crisi degli investimenti
Il secondo motivo del rinvio si collega alla finalità della nuova legge, cioè operare per il salvataggio delle imprese e adottare lo strumento liquidatorio (o fallimento) solo come soluzione inevitabile.
È oggi probabile che si evidenzi una crisi degli investimenti e, in generale, delle risorse necessarie per procedere a ristrutturazioni delle imprese, inoltre l’attuale crisi colpirà anche aziende sane, che fino ad ora non avevano avuto problemi di liquidità o di operatività.
Il rinvio al 2021 garantisce maggiori possibilità di successo al nuovo Codice della Crisi.
3. Maggiore stabilità e certezze normative
L’entrata in vigore del nuovo Codice slitta anche per la volontà di dare certezze ed equilibrio in un momento già fortemente instabile, che avrà un impatto non trascurabile sulla solvibilità delle imprese, sugli investimenti e, in generale, sulle risorse necessarie alla ristrutturazione delle imprese.
L’attuale disciplina della legge fallimentare e la legge 3/2012 sul sovraindebitamento, sono ormai ben conosciute dalla giurisprudenza ed offrono certamente maggiore stabilità agli operatori, rispetto ad uno strumento del tutto inedito, che rimanderà inevitabilmente a dubbi interpretativi e procedurali, inoltre prevede una disciplina più severa in relazione all’accesso al concordato preventivo.
4. Tempistiche
Lo slittamento al 1° settembre 2021, rispetto al 15 agosto 2021, dipende dalla volontà di far entrare in vigore la riforma alla ripresa dei lavori delle attività dei Tribunali e non durante il periodo di ferie estive.
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16 Aprile 2020