Stralcio dell’IVA anche nelle procedure di sovraindebitamento
Una nuova e importante sentenza del Tribunale di La Spezia, del 10 settembre 2018, conferma la possibilità di falcidia dell’IVA (cioè forte riduzione dei debiti IVA) anche all’interno delle procedure di sovraindebitamento.
Alcuni giudici italiani hanno già iniziato a superare la norma che impone il divieto di falcidiabilità dell’IVA, ovvero l’art. 7 della Legge 3/2012, il quale prevede soltanto la possibilità di dilazionare e non di ridurre il pagamento di tale imposta.
Ora si attende la pronuncia anche della Corte Costituzionale, dopo il rinvio operato dal Tribunale di Udine (ordinanza dd. 14/05/2018) e di cui abbiamo scritto in questo articolo.
L’analisi del caso
L'impresa individuale in crisi da sovraindebitamento
Il caso sottoposto al Tribunale di La Spezia vede coinvolta un’impresa individuale che propone di sanare la propria posizione debitoria mediante una ristrutturazione dei debiti con continuità aziendale, prevedendo il pagamento di:
- crediti prededucibili, entro 12 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologa (onere piano Euro 12.000,00);
- crediti con privilegio generale ex art. 2751 bis n. 1 cc, entro 12 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologa (onere piano Euro 26.092,76);
- credito a titolo di ritenute con privilegio generale ex art. 2752 cc, entro 12 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologa (onere piano Euro 1.100,00);
- creditore ipotecario Banca X spa (creditore in forza di finanziamento derivante da contratto di mutuo), secondo il piano di ammortamento contrattuale già in corso (360 rate a decorrere dall'aprile 2010), con garanzia fideiussoria prestata da Da. Co., già co-obbligato in forza del medesimo contratto di mutuo (onere piano Euro 297.857,12);
- 13% degli ulteriori crediti con privilegio generale, ivi compreso quello relativo all'imposta sul valore aggiunto (c.d. debito IVA), entro 60 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologa (creditori costituenti la classe 1, onere piano Euro 54.470,24);
- 5% dei crediti chirografari, entro 60 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologa (creditori costituenti la classe 2, onere piano Euro 1.579,91).
Gli argomenti rilevanti della sentenza
L’accordo proposto ha dato la possibilità al Tribunale spezzino di esprimersi su tre argomenti di rilievo:
- la falcidiabilità dell’IVA anche all’interno della Legge 3/2012;
- l’ammissibilità di pagamento di creditori privilegiati oltre l’anno di moratoria indicato nella legge;
- l’ammissibilità del mantenimento del piano di ammortamento di mutuo secondo le modalità originariamente pattuite.
Legittimità della falcidiabilità dell’IVA nelle procedure da sovraindebitamento
Per giungere alla sentenza il giudice ha ampiamente analizzato la normativa comunitaria al fine di verificare la titolarità di potestà legislativa in capo allo Stato italiano in tema di IVA, il rapporto tra normativa comunitaria e nazionale, nonché il potere per i giudici italiani di disapplicare la normativa nazionale in favor di quella comunitaria.
L’ammissibilità del pagamento parziale dell’IVA proposta dal ricorrente viene accolta dal giudice dopo un raffronto specifico tra la normativa del concordato fallimentare e quella prevista in caso di accordo di composizione crisi da sovraindebitamento.
Viene dato atto che entrambe le procedure:
- sono di tipo concorsuale che consentono la composizione della crisi di imprese commerciali a seguito di accordo con i creditori su forme e importi di pagamento del debito residuo, a condizione che l’accordo venga regolarmente eseguito;
- prevedono il voto dei creditori;
- contemplano la possibilità di stralcio dei creditori privilegiati solo e nella misura in cui dalla liquidazione dei beni su cui insiste il privilegio non venga ricavata una somma maggiore di quella proposta in pagamento;
- ammettono la possibilità, per il creditore dissenziente, di formulare osservazioni al piano, nonché, anche qualora sia approvato con il suo dissenso, proporre reclamo avverso l’omologa.
Altra ragione che ha portato alla sentenza è che l’art. 7 della Legge 3/2012 sul sovraindebitamento violerebbe il principio di neutralità dell’imposta previsto dal Trattato dell’Unione Europea.
Tale principio di neutralità fiscale in materia comunitaria impone ai legislatori nazionali di non introdurre significative differenze tra i contribuenti in materia di IVA.
Come si legge più dettagliatamente nella sentenza:
"una significativa differenza tra imprenditori, con riferimento alla stessa imposta sul valore aggiunto, in quanto da un lato si impone ad alcuni (soggetti all'applicazione della Legge 3/2012) il pagamento integrale, dall'altro lato si consente ad altri (soggetti all'applicazione del Rd 267/1942) il pagamento soltanto parziale (senza che il Rd 267/1942 preveda espressamente un minimo percentuale quanto alla soddisfazione del debito IVA)".
E inoltre, la "disciplina di cui all’art. 7, comma 1, terzo periodo – limitatamente al divieto di falcidia dell’IVA – si pone in contrasto con il principio di neutralità fiscale previsto dall’Unione Europea e vincolante per il legislatore nazionale", comportando la sua disapplicazione e ritenendo così ammissibile il piano proposto, seppur con uno stralcio del credito IVA vantato dallo Stato.
Moratoria ultrannuale dei creditori privilegiati
Sulla scia di quanto sostenuto in tema di analogie della procedura di accordo di composizione della crisi e concordato, il Tribunale di La Spezia interpreta la cosiddetta “moratoria” non come requisito di ammissibilità dell’accordo, bensì come discrimine per la legittimazione ad esprimere il voto da parte dei creditori muniti di privilegio.
Secondo tale impostazione è da ritenersi prevalente la ratio negoziale sottesa alla procedura e l’interpretazione delle norme deve seguitare il favor legislativo alla composizione di crisi aziendale con continuità.
I creditori, infatti, per le ragioni sopra evidenziate, hanno tutti gli strumenti per valutare da soli – mediante espressione del voto – se la proposta sia in grado di soddisfare le loro pretese o sia lesiva dei propri interessi patrimoniali.
Inoltre, è lo stesso legislatore che pone un'eccezione al limite di voto dei creditori medesimi derivante dalla necessità di bilanciare gli interessi in gioco: da un lato quelli del debitore, dall’altro il rispetto delle norme di ordine pubblico e imperative. Solamente nel secondo caso il voto dei creditori non sarebbe in grado di superare la violazione di legge; invece “qualora la legge preveda un limite al voto dei creditori senza qualificarlo espressamente [...] lo stesso deve essere inteso quale limite al voto nell’interesse del debitore” e non come requisito di ammissibilità della proposta.
L’art. 8, comma 4, pertanto dovrà essere interpretato in questo senso:
- i creditori con prelazione non saranno ammessi al voto (né nel conteggio ai fini della maggioranza) in caso di soddisfazione integrale entro l’anno dall’omologa;
- i creditori con prelazione saranno ammessi al voto qualora ne sia assicurato il pagamento in misura integrale e venga prevista la liquidazione dei beni su cui insiste il privilegio;
- i creditori con prelazione saranno ammessi al voto in ipotesi di soddisfazione parziale o integrale oltre l’anno di omologa.
L’esclusione di un creditore
Su questo punto la sentenza apre la strada a nuove prospettive.
Nel piano depositato avanti al Tribunale, il debitore propone e prevede il pagamento integrale del creditore ipotecario Banca X S.p.A. secondo l’originario piano di ammortamento, con una estensione temporale pluridecennale dell’accordo e, quindi, della procedura.
Secondo gli orientamenti consolidati della Cassazione, le procedure concorsuali, ed in particolar modo il concordato preventivo (ndr. e l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento per le ragioni di cui sopra) devono assicurare una loro realizzazione in tempi ragionevoli.
L’accordo di composizione così come presentato dal debitore nel caso in esame, in realtà, violerebbe questo principio, prevedendo una durata della procedura ultradecennale.
Sappiamo, però, che la giurisprudenza in tema di sovraindebitamento ha già ritenuto ammissibili anche piani ultraquinquennali.
Il Tribunale di La Spezia invece ritiene del tutto ammissibile il piano proposto perché il creditore Banca X S.p.A. è da ritenersi addirittura escluso dall’accordo.
Il ragionamento del Giudice è questo: essendo l’accordo ex Legge 3/2012 una composizione concordata tra debitore e creditori della crisi attraverso il pagamento dei crediti secondo modalità quantitative, qualitative e temporali diverse da quelle originarie, deve rimanere estraneo alla procedura (sia in termini di voto che di conteggio delle maggioranze) il creditore che non subisce modifiche di sorta alla soddisfazione del suo credito. Né è ostativo ad un tanto il parere degli altri creditori che, necessariamente e ordinariamente, mantengono il loro potere di voto alla proposta così formulata restando liberi di valutare la bontà dell’accordo nei modi e tempi previsti dalla legge.
L’opinione conclusiva del professionista
Il presente approfondimento è stato curato dall'Avvocato Francesca Randi di Ri.Analisi, che su questo caso così conclude:
“Si assiste, con il crescente numero di ricorsi in materia di sovraindebitamento, all’evoluzione naturale del consolidarsi di prassi e orientamenti, anche in contrasto tra loro, nei vari distretti giudiziari. A prescindere dall’adesione ad una corrente interpretativa o all’altra, la presente sentenza offre in ogni caso spunti interessanti in materia di accordi di composizione, conferma l’orientamento maggioritario che qualifica le procedure di composizione della crisi quali procedure concorsuali (sanando quei vuoti legislativi che purtroppo ad oggi la Legge 3/2012 porta ancora in seno) ed evidenzia la necessità di una riforma organica e chiara sul punto orientata, non solo nella lettera ma anche nella sostanza, ad un concreto favor debitoris, che si auspica con la prossima riforma del Decreto Crisi possa trovare una soluzione definitiva.”
RI.Blog
28 Novembre 2018