Liquidazione dei beni a Trieste: soluzione per debiti di oltre 1 milione di euro
Anna ha potuto risolvere i problemi di debiti causati dal marito grazie alla liquidazione dei beni, ex Legge 3/2012
A volte anche la fiducia riposta nel proprio marito si può rivelare fonte di problemi. É quanto successo ad una nostra cliente di Trieste, Anna, che si è ritrovata un ingente debito causato dal marito.
Anna si è fidata di suo marito, il quale ha approfittato della sua disponibilità nominandola come garante per risolvere debiti che lui aveva contratto. Lei non ha chiesto spiegazioni o dettagli e lui non l’ha informata dei possibili rischi. La nostra assistita si è vista così recapitare dal Fisco avvisi di pagamento per importi che complessivamente superavano un milione di euro. Una cifra davvero impossibile da sostenere e ripagare.
Come uscire dai debiti con la liquidazione dei beni
La liquidazione dei beni è una delle tre procedure previste dalla legge 3/2012, nata proprio per risolvere problemi di debiti di persone, professionisti o piccole imprese.
Questa procedura in particolare non richiede il consenso dei creditori, ma può essere avviata dal solo debitore e permette subito di evitare atti di pignoramento su beni mobili o immobili.
Grazie alla liquidazione dei beni, il debitore mette a disposizione quello che possiede, ad esempio la casa e parte dello stipendio per ripagare anche solo parzialmente i debiti che ha accumulato.
Una volta che il Tribunale approva la richiesta, il debitore rimane assoggettato alla procedura per quattro anni, al termine dei quali può fare richiesta di esdebitazione, quindi annullamento di eventuali debiti residui che non è in grado di pagare.
Spesso, quindi, è sufficiente vendere la propria casa e con il ricavato della vendita soddisfare parzialmente i creditori, così da azzerare eventuali debiti residui. Questo sarebbe impossibile senza la legge 3/2012.
Vediamo il caso concreto della nostra cliente, che chiamiamo Anna.
Le cause del sovraindebitamento di Anna
Anna è una giovane mamma residente a Trieste. Non ha mai svolto attività d’impresa e ha sempre lavorato alle dipendenze di terzi come impiegata amministrativa.
Al contrario, il marito Gianni, cui è stata profondamente legata e con il quale ha avuto due figli, si è sempre dimostrato molto intraprendente nell’assumere ruoli di prim’ordine in diverse attività. Come socio di una società di persone (S.N.C.) Gianni operava nel settore delle corse automobilistiche, ma a causa di inesperienza e di scelte sbagliate, la società ha contratto diversi debiti, raggiungendo un importo complessivo superiore a 100 mila euro.
Per fronteggiare la situazione debitoria, il marito ha chiesto ad Anna di contrarre un mutuo garantito dall’ipoteca iscritta sulla casa coniugale, che era di proprietà esclusiva di quest’ultima. Anna non ha respinto la richiesta del marito, fidandosi peraltro della promessa che lui avrebbe provveduto ad estinguere a breve il finanziamento grazie ad altri introiti della propria attività. Fiduciosa del fatto che il consorte avrebbe tenuto fede all’impegno, Anna ha stipulato il contratto di mutuo ed ha iniziato a corrispondere le rate mensili, utilizzando una parte del proprio stipendio.
Oltre a questo, Gianni ha iscritto la moglie come membro del Consiglio Direttivo di un’associazione sportiva dilettantistica. Fidandosi ciecamente del padre dei propri figli, Anna non ha chiesto spiegazioni e ha accondisceso all’operato del consorte. Costui però ha omesso di informare la moglie delle conseguenze di questo ruolo: ovvero che tutti i membri del Consiglio Direttivo sono chiamati a rispondere personalmente, in solido con l’associazione, per gli eventuali debiti da questa contratti.
Segue una verifica fiscale promossa nei confronti dell’A.D.S., in quanto veniva contestato il mancato pagamento di imposte sia dirette che indirette. Anna solo in quel momento si è vista recapitare avvisi di pagamento per diverse centinaia di migliaia di euro ed ha iniziato a capire che Gianni non era stato completamente sincero con lei.
La nostra cliente ha cercato di contestare le pretese del Fisco davanti alla competente Commissione Tributaria, senza però ottenere un risultato positivo. Vedendo respinti i ricorsi in primo grado e non avendo risorse economiche per poter affrontare il secondo grado di giudizio, i verbali di accertamento sono diventati definitivi con successiva iscrizione a ruolo dei crediti vantati dal Fisco.
Ad Anna sono state così notificate diverse cartelle dall’Agenzia Entrate Riscossione per importi di poco inferiori al milione e mezzo di euro.
A ciò si aggiunge che la moglie aveva rilasciato garanzia a favore di una finanziaria che aveva concesso un prestito al marito per l’acquisto dell’automobile, prestito che il consorte non ha rimborsato.
La difficile condizione di chi non conosce una via d’uscita dai debiti
Anna si è sentita disorientata e smarrita. La sua casa era ipotecata e a stento riusciva a pagare le rate del mutuo, inoltre su lei pesava un debito esorbitante con l’Erario.
A questa difficilissima condizione economica si aggiungeva l’insostenibilità della vita matrimoniale, in quanto era prevedibile che i rapporti con il marito si siano deteriorati, fino al momento in cui Gianni si è allontanato dalla famiglia.
Anna, oppressa dai debiti, non dipendenti da sue scelte, ma a causa della disonestà dell’uomo di cui si fidava, si è trovata in una concreta difficoltà, sola e con un matrimonio infranto. Rimasta priva anche di un minimo supporto, non solo morale, ma anche economico da parte del consorte, la nostra cliente non è più riuscita a pagare le rate del mutuo. La banca ha così promosso l’azione esecutiva.
Ormai rassegnata a perdere la casa di sua proprietà, nella quale viveva assieme ai figli, sapeva comunque che con la vendita dell’immobile, il cui valore ammontava a poco meno di 190 mila euro, non avrebbe potuto pagare tutti i debiti.
Conseguentemente Anna, ancora in giovane età, sarebbe stata perseguitata per tutta la vita dai creditori prima con il pignoramento della retribuzione e poi della pensione, oltre all’eventuale pignoramento del conto corrente e di eventuali beni di cui sarebbe entrata in possesso a seguito di lasciti ereditari.
In questa situazione non avrebbe mai potuto comprare un’auto o una nuova abitazione, poiché il pignoramento anche di tali beni sarebbe stato inevitabile.
Ritrovare la serenità grazie alla liquidazione dei beni
Anna decide di rivolgersi a noi di Ri.Analisi Bancaria e Tributaria e grazie alla consulenza dei nostri professionisti qualificati ha trovato la soluzione più adatta alle proprie esigenze.
Considerato che l’immobile era già sottoposto ad esecuzione forzata e che la debitrice aveva un’unica entrata costituita dal suo modesto stipendio che non arrivava neppure ad 1.000 euro mensili, la liquidazione del patrimonio, disciplinata dagli artt. 14 ter e ss. Legge 3/2012, è stata individuata come la sola procedura in grado di risolvere i problemi di Anna.
La sua casa verrà alienata nell’ambito della procedura liquidatoria e non a seguito dell’esecuzione individuale promossa dalla banca. In questo modo, l’immobile non verrà svalutato e il ricavato dalla vendita sarà ripartito tra i creditori, concorrendo a soddisfare i requisiti richiesti dalla normativa per ottenere, al termine della liquidazione, anche la cancellazione dei debiti residui.
Per i prossimi quattro anni, Anna potrà mantenersi con una somma di 660 euro mensili derivanti dal suo stipendio e versare la differenza ai creditori.
Si tratta di una somma mensile molto bassa, intorno ai 100 euro, che lei verserà solo se riprenderà a lavorare, visto che al momento risulta in cassa integrazione a causa della pandemia da Covid-19.
La sua casa del valore di 190 mila euro non sarà svalutata all’asta, ma sarà venduta al suo reale valore. Con questa somma potrà ripagare in parte il debito di oltre 1 milione e mezzo di euro. Al termine dei quattro anni, Anna potrà chiedere formale provvedimento di esdebitazione al Tribunale di Trieste e nessuno potrà più vantare crediti nei suoi confronti.
Cosa sarebbe successo senza l’accesso alla Legge 3/2012
Se Anna non avesse agito, l’abitazione sarebbe stata venduta all’asta con una notevole svalutazione del suo valore, anche a danno dei creditori. Solo la banca avrebbe visto soddisfatto il proprio credito e lei avrebbe dovuto continuare a rispondere per tutti i debiti non pagati, che costituivano la maggior parte della somma di un milione e mezzo di euro.
Ricorrendo invece alla Legge 3/2012, la nostro cliente ha ritrovato la serenità e ha potuto riprendere in mano la propria vita, libera dai debiti.
Se anche tu ti trovi in una situazione di difficoltà e ti sembra di non avere una via d’uscita, contattaci ora.
Alleghiamo qui sotto il decreto del Tribunale di Trieste del 17/04/2021.
RI.Blog
15 Dicembre 2021